Temp(i)o d’estate

Premessa. C’è stato un momento in cui ho pensato: “Che meraviglia, un po’ di tempo libero! Quasi quasi scrivo un manualetto di riflessione per l’estate”. Il manualetto l’avevo anche iniziato, ma mentre scrivevo mi accorgevo di quanta stanchezza ci fosse in me e di come fosse arrivato anche il mio momento di riposare.

Il lavoro terapeutico, per come lo sto costruendo grazie ai tanti insegnamenti che ho ricevuto e che continuo a ricevere, ha un pregio enorme: mette in luce uguaglianze e diversità dentro una stessa – fondamentale – bolla di accettazione. Tu puoi farcela, io no. Io posso farcela, tu no. In questo momento è così. Non esistono assoluti e, nel tempo, il bene e il male che percepiamo cambieranno; più facilmente se impariamo a lasciare andare l’attaccamento verso le nostre più ricorrenti narrazioni.

Sì, perché esplorando ciò che accade nell’istante in cui proviamo una qualsiasi forma di sofferenza (o una qualsiasi forma di gratitudine e serenità, n.d.a.) potremmo accorgerci di quanti attaccamenti popolano la nostra mente: quell’accaduto, quell’obiettivo, quella sensazione fisica, quello stato della mente… ogni cosa può diventare appiccicosa. Anche lo scrivere un manualetto per l’estate. Sentiamo una sensazione di fastidio e insofferenza, ed è un attimo che questa sensazione diventa oggetto prediletto di riflessione, a volte per diverso tempo. Sentiamo, al contrario, una sensazione di benessere o di entusiasmo, ed è un attimo che ci preoccupiamo di come mantenerla o cominciamo a riflettere su tutto ciò che nella nostra vita ci allontana da quella serenità.

Per quel che sappiamo, ogni animale tenta di:

•            Separare ciò che è connesso, per creare confini fra sé stesso e il mondo;

•            Stabilizzare ciò che sta cambiando, per mantenere un equilibrio interno (omeostasi);

•            Trattenere piaceri fugaci e scappare da inevitabili dolori, per avvicinare opportunità e allontanare pericoli1.

La differenza tra ciò che accade in noi e ciò che probabilmente2 accade alla maggior parte degli altri animali, sta, tuttavia, nel fatto che il nostro sistema nervoso è sufficientemente complesso da trasformare naturali strategie di difesa in forme di distress, a volte, estremamente significative.

Ci preoccupiamo per il futuro, rimpiangiamo, ruminiamo o ci colpevolizziamo per quanto accaduto nel passato, talvolta trascinando in automatico alcune forme di pensiero negativo anche in questo presente (es. autocritica).

Soffriamo perché soffriamo. Eppure, se il nostro cervello sa essere fonte di sofferenza, sa diventare anche fonte di cura. Ed è così che la dittatura del tempo può trasformarsi nella costruzione di un tempio.

Portando attenzione e aprendo a una comprensione più ampia, non ragionata, ma intuita di ciò che sta accadendo nel presente, possiamo imparare a edificare un luogo interno da cui osservare noi stessi e il mondo, un luogo che può diventare talmente sacro da apparire proprio come un tempio. L’estate è solo uno spazio naturale in cui questo punto di osservazione può essere coltivato con maggiore facilità.

E allora per questa calda stagione estiva, vi auguro di costruire il vostro tempio d’estate ovunque voi siate e con gli strumenti che possedete in questo momento. Che i piaceri possano essere accolti nella loro immediatezza presente e che i dolori possano essere esplorati nella loro purezza, lasciando andare, per quanto possibile, ogni attaccamento alla sofferenza. D’altra parte non importa se partirete o starete a casa: il tempio è un luogo interno che sa seguirci in ogni dove, permettendoci di viaggiare fuori e dentro di noi senza biglietti da prenotare.

Fonti: 

1.        Hanson R. Buddha’s Brain: The Practical Neuroscience of Happiness, Love & Wisdom. New Harbinger; 1st Edition (2009)

2.        Clayton NS, Bussey TJ, Dickinson A. Can animals recall the past and plan for the future? Nat Rev Neurosci (2003); 4(8): 685-91. doi: 10.1038/nrn1180.